Il tabù della morte

Il tabù della morte. Esiste un terribile tabù, quello della morte.
Quando parliamo di morte, spesso, tendiamo a cambiare subito discorso, a fare giri di parole o allusioni. Non diciamo è morto, ma non c’è più, se n’è andato, è volato via, ci ha lasciato etc.

Il tabù della morte
Parlare di morte

Dal secondo dopoguerra in poi la morte è stata negata, censurata, esclusa dal nostro linguaggio, è diventata un argomento intoccabile.
Tutti noi sappiamo di dover, un giorno, morire, eppure questa consapevolezza, unita alla paura, ci paralizza e ci fa relegare questo pensiero nel nostro inconscio. La morte viene rimossa dalla nostra coscienza.

Vivere come se la morte non esistesse: non c’è posto per la perdita

Per alcuni parlare di morte porta sfortuna, per altri è angoscioso, di cattivo gusto, quasi pornografico. Rinviamo la morte e diamo spazio solo alla bellezza, al successo, alla giovinezza, al benessere e alla spensieratezza: non c’è posto nella nostra cultura per il tema della morte e della perdita. Della morte non si vuol parlare e si vive come se non si dovesse morire mai, cioè distraendosi dal pensiero della morte. La nostra società vive come se la morte non esistesse perché, come direbbe Freud, ciascuno di noi è inconsciamente convinto di essere immortale.

Il tabù della morte

Oggi non abbiamo più – come gli antichi – familiarità con la morte, per cui la temiamo ancora di più. La società scoraggia il pensiero della morte, sia negli adulti che nei bambini, non abbiamo più nemmeno le parole per nominarla in maniera corretta o per consolare chi sta morendo o chi sta vivendo un lutto. Eppure, la paura della morte è universale e il tema della morte è costantemente presente e si manifesta nella nostra vita anche sotto altre forme, ad esempio con l’ipocondria, gli attacchi di panico, gli incubi.

La consapevolezza della morte aiuta a sentirsi vivi

Meno comprendiamo la morte, più ci terrorizza.
Sarebbe necessario parlarne, normalizzarla. Essere più consapevoli e competenti nella gestione della morte propria e altrui.

Il pensiero della morte, per quanto doloroso, potrebbe essere un motore di crescita interiore per mettere a fuoco la nostra esistenza, le nostre priorità e cominciare a vivere una vita piena e autentica. Per sentirci ancora più vivi. Ce lo insegna spesso chi deve per forza confrontarsi con questa paura perché sta vivendo una grave malattia: di fronte alla prospettiva della morte tutto si ridimensiona, e viviamo un’esistenza vera, viva, integrando il concetto di morte nella vita.

Oltre alla morte, spaventa il suo divenire: la resa di chi muore e la lotta di chi resta. Ma la morte non è un’azione finita, continua nella memoria di chi vive che fa rinascere la vita e non la termina.

“La consapevolezza della morte è la base del percorso. Fino a che non si sviluppa questa consapevolezza, tutte le altre pratiche sono inutili”.
Dalai Lama.

Forse un giorno la nostra cultura maturerà, al punto di capire che la morte non è l’opposto della vita, ne è semplicemente un aspetto.

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